Giovedì 8 agosto

Io non mattirò di e con Francesco ZIccardi

Un parco, una panchina, una bottiglia di vino incartata in un foglio di giornale e un uomo ubriaco, ma estremamente lucido e consapevole.

Il parco è la sua casa, gli alberi le sue pareti e lui è un barbone, per scelta, non è questo che lo ha reso pazzo, ma sua sorella Antonia, morta in un manicomio tempo fa. 

Una figura che la sua mente non accetta di aver perduto: è accanto a lui sulla panchina, gli parla, lo rimprovera, gli racconta barzellette, quelle che lo hanno fatto sempre ridere tanto.

Solo un muro lo circonda, la diffidenza e il disprezzo della gente “normale”, che si ferma all’apparenza, ai vestiti sporchi, alla voce alta, all’andatura barcollante che lo fa sembrare pericoloso.

Chiamati da un passante infastidito dalla sua presenza, si presenteranno due agenti in borghese a ricordargli che dà fastidio perché è un barbone, che se ne deve andare, perché il parco non è casa sua, è un luogo pubblico ma non per quelli come lui.

Tra risate e riflessioni “Io non mattirò’!” cerca di spiegare come l’apparenza e il pregiudizio possono cambiare un uomo e una donna.

“Io non mattirò” è un estratto dalla commedia “Va così”, su pregiudizi e apparenze.

 

A seguire (ore 19.45) La ballata delle frontiere. Storie dal secolo belva di Flavio Fusi. Introduce Enrico Pizzi, giornalista.

Testimone e cronista delle più importanti crisi internazionali degli ultimi anni, Flavio Fusi dischiude i suoi taccuini di appunti ed è come affacciarsi da una terrazza pericolante sull’orlo di un secolo che tutto divora. Atterriamo con lui su un pianeta di conflitti a bassa intensità che poi deflagrano, come a Gaza. Dalla dissoluzione del fianco orientale dell’Europa alla gola squarciata tra Nord e Sud del mondo, l’autore guarda ai milioni di esseri umani spinti oltre le frontiere dal secolo belva: antiche frontiere che esplodono e frontiere nuove che sorgono, frontiere non scritte, terre di mezzo e grandi fiumi-frontiera, tra illusioni, nuove schiavitù e massacri. Le testimonianze frammentarie degli ultimi, le storie minuscole, si mescolano alla ricostruzione degli eventi e alla descrizione dei luoghi in un racconto periferico e avvolgente fino alla frontiera delle frontiere: là dove la terra finisce e il mare comincia

«Fusi racconta, ma solo dopo essersi preso la responsabilità di capire».
[dalla prefazione di Giovanni Floris]

Flavio Fusi ha imparato il mestiere di giornalista alla vecchia scuola de “L’Unità”. Ha coltivato poi la passione del viaggiatore sulla navicella corsara del Tg3 della Rai. In compagnia delle storie e delle immagini televisive ha consumato suole e scarpe inseguendo come inviato tutte le più importanti crisi internazionali nel passaggio tra il secolo breve e il secolo belva. Le frontiere – l’esplosione delle frontiere, la caduta dei muri, le brevi tregue, i nuovi muri e la transumanza di popoli e comunità – sono state per trent’anni il suo pane quotidiano: dalla Russia al Caucaso e all’Ucraina, dai Balcani alla Cecenia all’Irlanda, in Africa e sui confini incerti tra le due Americhe.
Nelle pause del lungo viaggiare è stato corrispondente Rai a New York e Buenos Aires, e poi conduttore e commentatore del Tg3. Oggi continua a viaggiare e scrivere, muovendo dai luoghi modesti e incantati della sua Maremma.